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OPUS DEI: ¿un CAMINO a ninguna parte?

Ricostruzione
Indice
Prologo
1. Presagi
2. Numeraria
3. Maturita' e liberta' interiore
4. Crisi di vocazione
5. Rinascita
6. Ricominciare: primo tentativo
7. Ricostruzione
FIN DEL LIBRO
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RICOSTRUZIONE
(18 anni nell'Opus Dei)

Autore: Aquilina

NUMERARIA

All'inizio del secondo anno di liceo ritrovai il mio professore di religione dell'anno precedente che con noncuranza, quasi, mi buttò là che forse avrei potuto trovare un buon direttore spirituale se fossi andata in una residenza universitaria di cui mi diede l'indirizzo. Così, vincendo le resistenze paterne a darmi il permesso per un'uscita, mi recai per la prima volta in un centro dell'Opus Dei. La casa era bella, arredata elegantemente, piena di ragazze giovani e cordiali che suonavano la chitarra, e che mi trattarono da subito come una vecchia conoscenza.

Questo comportamento ebbe un impatto enorme su una come me, che fino ad allora si era sentita estranea a qualunque ambiente fosse appartenuta, che aveva un'ansia enorme di trovare un'evasione all'ambiente familiare, e una sete infinita di dare e ricevere amicizia e amore. Cominciai a recarmi presso quel centro con tutta la frequenza che mi permetteva l'intransigenza di mio padre. Anche lui rimase colpito dalla signorilità delle persone che conobbe là, dove lo portai dopo le prime volte nella speranza di vederlo più disponibile a lasciarmi uscire senza tante storie; continuava a mettermi alcune difficoltà, ma meno forti che nelle situazioni precedenti (forse si rendeva conto che non poteva continuare a tirare la corda all'infinito) e che in ogni caso riuscivo abbastanza bene a gestire col giochetto dei "primi cristiani perseguitati", mai fino ad allora giocato in un contesto tanto verosimile.

Da questo momento in poi devo dire che tutte le cose negative di cui parlerò le ho fatte anche io in prima persona durante tutti gli anni in cui sono rimasta in questa organizzazione, con l'unica attenuante che le ho fatte con l'onestà e la rettitudine che possono dare un animo e una coscienza deformati dall'immaturità affettiva e dall'insicurezza ontologica. Lì mi fornirono nuovi elementi per continuare a giocare ai "primi cristiani perseguitati" non solo nell'intimità della mia fantasia ma nelle situazioni reali che si andavano verificando. A quindici anni e mezzo, novella sant'Agnese, santa Cecilia, sant'Eulalia e santa Teresa del Bambin Gesù, chiesi l'ammissione nell'Opus Dei come numeraria, cioè come socia legata ad un impegno di castità totale, oltre a quello di vivere eroicamente tutte le virtù tradizionali cristiane (e non solo la povertà e l'obbedienza perché, come ci ripetevano all'infinito, noi non eravamo religiosi) e di convivere, appena fosse stato possibile, sotto le stesso tetto con altre numerarie, che diventavano la mia unica, vera famiglia.

Gli ideali che ci venivano proposti erano sublimi: santificare dal di dentro la società come il lievito, facendo leva sulla preparazione intellettuale e dottrinale, operando attraverso un apostolato di amicizia e confidenza in un servizio abnegato e senza limiti. Il rigore estremo dello stile di vita, l'obbedienza totale ai desideri dei Direttori, la donazione completa della propria intimità, la totale assenza di peculio personale, la mortificazione e la penitenza severe, erano tali da saziare la mia sete di eroismo romantico e da compensare l'assenza dalla mia vita di avventure più umane e sicuramente psicologicamente più normali. Senza una parola di spiegazione (per evitare tentazioni, mi dissero) feci sapere al ragazzo conosciuto nell'estate precedente che non avrei voluto più incontrarlo e resistetti a tutti i suoi tentativi di chiarimento, sicura di stare difendendo il mio amore esclusivo a Cristo.

Finalmente "appartenevo" a qualcuno e a qualcosa, e questa consapevolezza mi diede forze ed energie mai avute prima; tutte le difficoltà si dissolsero: a sedici anni e undici mesi mi trasferii a Milano per fare il Centro di Studi. Lì rimasi per due anni di formazione, poi andai a vivere all'altro capo della penisola. A Palermo completai tutti gli studi universitari, mentre contemporaneamente collaboravo con alcuni dei lavori apostolici che l'Opera portava avanti e mi prendevo cura del lavoro di Amministrazione, cioé dei lavori domestici delle case, soprattutto quelle maschili, in cui vivono i membri dell'opera e, a volte, anche persone esterne. Nell'80 tornai nuovamente a Milano, su indicazione delle Direttrici interne.

 

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