PIRANDELLO, Luigi
Novelle per un anno
Mondadori
Novelle per un anno è il titolo dell'edizione completa e definitiva delle novelle di Pirandello, la cui pubblicazione, in quindici volumi, avvenne fra il 1922 e il 1937. Ciascun volume della serie porta il titolo di una delle novelle in esso compresa, quasi sempre tra le più celebri e significative della vasta produzione pirandelliana.
Abbiamo preso in esame due raccolte, per un totale di ventisette racconti. Di ogni novella diamo la data della sua prima pubblicazione e a seguire una breve sintesi. Gli esempi considerati, per l'arco di tempo in cui sono compresi e la varietà di temi e situazioni che presentano, possono costituire un campionario significativo dell'opera di Pirandello novelliere.
Il vecchio Dio, Oscar Mondadori 1991
Questa raccolta. apparsa per la prima volta nel 1926, contiene dodici novelle.
1) Il vecchio Dio, 1901
Come villeggiatura il signor Aurelio non trova di meglio che andare nelle chiese di Roma; una al giorno. Lì ammira l'arte, legge e pensa alla vita trascorsa e alla morte. Un giorno in una di queste visite si addormenta e sogna il Signore che ha l'aspetto del vecchio sagrestano della chiesa in cui si trova. Dio gli dice che ormai nelle città nessuno Lo considera; e deve decidersi ad andare in campagna dove ci sono ancora veri credenti.
2) Tanino e Tanotto, 1902
Tanino, gracile e malato, è il figlio legittimo di un contadino arricchito divenuto barone, sposo di una nobildonna dalla quale si è separato perchè si sente disprezzato per la sua origine plebea; Tanotto, forte e sano, è il figlio illegittimo avuto da una sua contadina. I due fratellastri si conoscono quando Tanino viene portato dal padre nella villa di campagna per rafforzarsi. Dopo molte resistenze il padre li fa giocare insieme, e i due fanno amicizia senza sapere nulla l'uno dell'altro.
3) Al valor civile, 1902
A Bruno Celesía sono
andate tutte male: sia il lavoro sia la famiglia (la moglie lo tradisce!). Ce
l'ha con tutto e con tutti. Durante un temporale, al largo, qualcuno rischia di
annegare. Bruno Celesia sente l'impeto di rendersi finalmente importante per
qualcuno. Affronta da solo la bufera, e alla fine salva il poveretto. Ma quale ironia della sorte nel
comprovare, appena atterra, che si trattava dell'amante di sua moglie!
4) La disdetta di Pitagora, 1903
Il narratore è chiamato così in modo scherzoso in casa di un amico di nome. Li ha conosciuto il cognato di lui, Tito. Renzi vive ora a Forli, non più a Roma. Dopo tre anni il narratore incontra per strada Tito con la fidanzata e la futura suocera. Tito ha un aspetto florido. Si reincontrano casualmente molte volte, salutandosi pur senza confidenze particolari. Un telegramma informa il narratore dell'arrivo di Renzi a Roma. Sorprendentemente giunge insieme a Tito, dimagrito e sconvolto per la nascita di un figlio cieco. Quindi quello incontrato e salutato non è il vero Tito? Quello vero è ormai impazzito per la sua disavventura. Al sentir narrare del suo sosia, si riconosce in lui, nel suo io felice di quando era a Roma scapolo. Per strada avviene l'incontro fra i due Tito. Il vero dice all'altro accoratamente di non commettere l'errore di sposarsi. Dopo qualche giorno arriva un biglietto al narratore. Il falso Tito gli rivela di aver riflettuto su quanto si era sentito dire; e avverte di aver lasciato la fidanzata e di essere in partenza per l'America.
5) Quand'ero matto, 1902
Il protagonista narra le sue follie. Ora fortunatamente è rinsavito, e non gli succedono più certi guai. E racconta come la sua generosità, il pensare cioè che gli altri abbiano un'anima come la sua, gli abbia arrecato un sacco di guai, dal tradimento della prima moglie alla rovina economica. Ora però è sano; ha imparato a pensare a se, alla scuola di saggezza della seconda moglie, a sua volta vedova di un suo ex dipendente che, derubandolo in modo discreto e parsimonioso, aveva accumulato il necessario perchè ora potessero vivere decorosamente.
6) Concorso per Referendario al Consiglio di Stato, 1902
Fidanzato ad una delicatissima fanciulla, un giovane impiegato deve migliorare la sua posizione economica per poter ottenere il consenso della futura suocera, che invece propende per un ricco parente. Con un generoso prestito della fidanzata si reca in un albergo solitario ricavato in un convento in montagna a studiare. I pochi villegianti però lo coinvolgono nei loro passatempi, soprattutto di domenica quando il luogo si riempie di gitanti. Proprio durante una di queste sue esibizioni scopre fra la gente la fidanzata e la suocera. Pochi giorni dopo una lettera conferma che ogni rapporto è rotto. Pensa al suicidio, ma poi prevale la passione goliardica e si pone a capo della brigata spendereccia dell'albergo.
7) In corpore vili, 1895
Un parroco usa un sistema singolare per curarsi. Quando sgarra dalla dieta impostagli dal medico si fa prescrivere la fastidiosissima medicina, e poi la fa prendere al sacrestano; il solo vederlo soffrire lo fa stare meglio; ed il pensiero dei guai che porta ogni sua intemperanza lo aiuta a contenersi.
8) Le tre carissime, 1902
Tre sorelle in cerca di marito, dopo paziente attesa, iniziano a fare forti pressioni su quelli che si sono loro avvicinati per concludere il sospirato matrimonio. Alla fine hanno successo. Muore suicida uno spasimante squattrinato. Il narratore non risparmia, disseminate nel racconto, sarcastiche considerazioni sulle "convenzioni morali" imposte dalla società, come la fedeltà coniugale.
9) Il vitalizio, 1903
Racconto lungo, il cui protagonista è il vecchio Marabito, che cede ad un mercante del paese il suo podere coltivato per tanti anni con amore. In cambio avrà un vitalizio. Il nuovo padrone conta sulla morte rapida del vecchio; ma questi, senza volerlo resiste; e ogni quindici giorni si reca dal notaio a riscuotere il vitalizio. Muore alla fine il mercante. Il podere passa al notaio. Questi celebra i cent'anni di Marabito e muore durante la festa. Il vecchio ritorna proprietario del podere dove va a vivere con la famiglia di una ragazza che lui ha aiutato a farsi la dote.
10) Un invito a tavola, 1902
Otto fratelli, cinque
maschi e tre donne invitano a pranzo un personaggio che ha aiutato uno dei
fratelli quando era ricercato per un presunto omicidio. I padroni di casa sono grandi e grossi, forchette
formidabili. Invece l'invitato è mingherlino e debole. Egli è spaventato dalla
quantità di cibo e dal vigore dei suoi ospiti. Alla fine si scatena una
discussione fra i fratelli e terrorizzato il mingherlino fugge, lasciando
mantello e scarpe.
11) La levata del sole, 1902
Per debiti di gioco il protagonista decide di uccidersi. Prima però vuole assistere almeno una volta all'alba. Esce nottetempo e va verso la campagna. Cammina, si sporca, cade ecc... Finchè spossato s'addormenta e la luce del sole lo coglie immerso in un sonno profondo.
12) Lumìe di Sicilia, 1902
Micuccio si è sacrificato per sostenere le spese della educazione musicale di Teresina, una sua compaesana orfana, di cui è innamorato. Adesso lei è divenuta cantante di grande successo; ma si è dimenticata di lui. Gli ha mandato un po' di soldi quando è stato male. Lui la va a trovare una sera nella grande città, vuole restituirle quei soldi; portarle delle fresche lumìe di Sicilia (arance) e riprendere il fidanzamento dopo questi lunghi anni di attesa. Capita durante una festa elegante. Viene relegato in una stanzetta con la zia di lei. Capisce che tutto è finito e sconsolato se ne va. Teresina prende le arance e le distribuisce scherzosa agli invitati.
Una giornata, Oscar Mondadori 1989
È l'ultima delle raccolte di Novelle. Esce nel 1937 dopo la morte dell'autore avvenuta il 10/12/1936. Nel 1934 Pirandello aveva ottenuto il premio Nobel per la letteratura.
1) Effetti di un sogno interrotto, 1936
Un signore stravagante abita una casa lasciatagli da un amico partito per l'America, in pegno per i suoi debiti. Vi è in essa un quadro pregevole che rappresenta la Maddalena in penitenza, nel quale sono evidenziati alcuni particolari sensuali. Un antiquario amico conduce a vederlo un signore in lutto per la morte della moglie invitandolo ad acquistare il quadro. Il vedovo scoppia a piangere; vuole a tutti i costi quel che sembra un vero e proprio ritratto della moglie. L'abitante della casa però non può venderlo. Il vedovo da parte sua non può tollerare che ella resti sotto gli occhi indiscreti di un estraneo. La notte stessa, per la forte impressione ricevuta, il signore della casa sogna il vedovo, in pigiama celeste che appare sul divano dinnanzi al quadro. Il sonno è interrotto ma è tanta la paura. L'abitante della casa vuole lasciarla all'altro con un modico affitto. Con l'antiquario si recano all'albergo dove risiede il signore in lutto. Entrano nella sua stanza ed egli indossa proprio quel pigiama!
2) C'è qualcuno che ride, 1934
Si descrive una grande riunione dall'aspetto di una elegante festa della buona borghesia. Si ritrovano tutti i personaggi più in vista. Nessuno sa però il motivo dell'invito. Ciascuno teme per questa incertezza, ma finge naturalezza; alcuni vengono chiamati in un salotto dove si svolge una riunione segreta. Si sente serpeggiare un riso. Tutti si infastidiscono. Infine, individuati i tre responsabili (un papà gioviale con due simpatici figli) questi vengono umiliati e cacciati da tutti gli invitati.
3) La visita, 1935
La visita è quella di una signora di cui il protagonista ha appena letto la notizia della morte avvenuta il giorno prima. Contiene una forte carica sensuale.
4) Vittoria delle formiche, 1936
Un uomo vive solo dopo esser stato abbandonato dalla famiglia a causa della sua vita irresponsabile. Abita in una vecchia catapecchia in campagna, abbandonato nell'ozio. La casa è invasa dalle formiche. Una mattina decide di sterminarle, bruciando il formicaio; ma una raffica improvvisa di vento il fuoco verso la casa, che così è distrutta. Lui stesso si ustiona mortalmente.
5) Quando s'è capito il gioco, 1913
Memmo Viola è uno che ha imparato a non prendersela e a coltivare gli affari suoi: dice che ci riesce perchè ha capito il gioco. La moglie lo lascia persino vivere da solo in un piccolo appartamentino dove può seguire i suoi interessi con comodità. Tuttavia quando per errore ella subisce un grave oltraggio (non manca al proposito qualche dettaglio sensuale di troppo), reclama di essere vendicata in duello dal marito. Parlando con un amico invitato a far da padrino, Memmo gli rivela la sua filosofia disincantata che lo pone al di sopra di ogni preoccupazione: tutto finisce ogni sforzo è una passione inutile. Dopo aver sfidato l'offensore ed aver ultimato i preparativi del duello, Memmo non si batte più. La promessa riguardava la sfida e l'organizzazione della cosa; non il battersi materialmente!
6) Padron Dio, 1898
Giudè è un pastore, divenuto ormai vecchio e nutrito dalla carità altrui. Si chiama così perchè da giovane fece da modello al pittore che decorò la chiesa del paese per dipingere uno dei giudici che colpivano Gesù alla colonna. Quando va in giro a chieder l'elemosina si presenta come l'esattore di Padron Dio che vuole come tassa per il Paradiso che i ricchi facciano la carità ai poveri, perchè la terra in fondo è di tutti. Proprio per questo si decide un giorno a seminare su un terreno incolto e abbandonato. Ma quando, dopo un ricovero in ospedale, ritorna ansioso di trovare il suo grano, vede sconsolato il campo ormai recintato.
7) La prova, 1935
Due orsi vengono inviati da Dio a mettere alla prova il coraggio di due giovani missionari che vogliono andare in Cina. I due, guardandosi pallidi per la paura, arrossiscono e si sorridono. La prova è superata e gli orsi li lasciano. I missionari allora scoppiano a ridere pensando di aver respinto una suggestione diabolica. Ma gli animali se la prendono e fanno cenno di tornare. Loro sono stati inviati da Dio! Tutto finisce bene perchè Dio è grande e perdona. La morale che conclude la storia è che certe volte pensiamo che sia il diavolo a tirarci qualche brutto scherzo, invece è Dio, seguendo i suoi imperscrutabili disegni.
8) La casa dell'agonia, 1935
Un ometto attende in un salotto di essere ricevuto dal padrone di casa. Osserva attorno a sè e il tempo passa. Gli par che i mobili esprimano la loro tristezza per la decadenza inevitabile. La sua angoscia si intensifica ad osservare un vaso di gerani che il gatto rischia di far volare giù dal davanzale, nel tentativo di afferrare un nido di rondini. Qualcuno ci morirà sicuramente sotto. È inutile far qualcosa, perchè tanto quella situazione del vaso e del gatto si ripresenterà. Aumenta l'ansia a mano a mano che scorre il tempo. Finchè il visitatore, ormai dimenticato nel salotto, scappa giù per esser lui, almeno, quello che si prenderà il vaso in testa.
9) Il buon cuore, 1937
Per ricevere un'eredità, vincolata alla nascita di un figlio, due che non ne potevano avere, ricorrono ad acquistarlo da una ragazza rimasta incinta senza desiderarlo. Ma commettono l'errore di farlo allattare dalla vera madre, e alla fine la ragazza non lo vuole più lasciare. Si scopre così tutto l'inghippo e finiscono tutti in galera. Paradosso totale: alla ragazza, in carcere, il latte sì guasta, e il bambino muore.
10) La tartaruga, 1936
Un signore americano si fa convincere da un amico che le tartarughe portino fortuna; e ne compra una. La moglie quando la vede reagisce male: chiederà il divorzio se non se ne disfa subito. Lui allora esce per New York nel tentativo di liberarsene. Ma non ci riesce. Al ritorno la moglie lo lascia.
11) Fortuna d'esser cavallo, 1935
Un cavallo abbandonato si avventura per il paese cercando in qualche modo di mangiare. Gliene capitano di tutti i colori. Ma lui ha una fortuna: non pensa.
12) Una sfida, 1936
Un operaio ebreo americano, pieno di risentimento contro tutto e contro tutti viene ricoverato in un ospedale americano per una grave malattia del fegato. La sua rabbia si accresce per l'atteggiamento dello infermiere, sempre sorridente, pacifico, indulgente. Per danneggiarlo una notte in cui questi è sorvegliante della corsia, il malato si alza, disobbedendo alle indicazioni dei medici con l'idea di andarsi a buttare dalla finestra. L'infermiere com'è suo costume, è elastico rispetto alle regole; lo vede e pensa che voglia prendere un po' d'aria, e gli fa pure cenno che può andare. Il malato si infuria ancor di più e si butta. Non muore, anzi alla fine guarisce del tutto e cita in tribunale l'infermiere e l'ospedale per non averlo trattenuto dal tentato suicidio. Vince la causa ed ottiene ventimila dollari di risarcimento.
13) Il chiodo, 1936
Siamo negli Stati Uniti. Un ragazzo è incriminato per l'uccisione di una bambina. Aveva raccolto un chiodo caduto a terra da un carro; poi s'era gettato fra due ragazzine che s'azzuffavano, e la più piccola l'aveva uccisa con quel chiodo. Durante il processo non si preoccupa di nulla. Tutte le spiegazioni che danno a favore o contro di lui non lo interessano. Pensa alla piccola Betty come un innamorato. Alla fine lo assolvono. Ma lui è preso nella sua immaginazione.
14) La signora Frola e il signor Ponza suo genero
È la stessa trama di Così è (se vi pare) senza l'artificio finale dell'interrogatorio della nuora-moglie.
15) Una giornata, 1936
Un uomo si ritrova
sbattuto giù dal treno. Non sa dove
sia nè perchè. Comunque scopre di avere soldi con sè; tutti lo
riveriscono nella sconosciuta città. Ma il sogno finisce, e si risveglia
vecchio nella sua stanza, in cui figli e nipoti vengono a trovarlo. Ma lui pensa che an che loro
invecchieranno; anzi, già li vede coi capelli bianchi...
VALUTAZIONE LETTERARIA
La prosa delle Novelle possiede uno stile immediato e scorrevole, proprio del discorso direùto, nutrito di un lessico ricco, preciso ed essenziale. Così per esempio esordisce Quand'ero matto: "Prima di tutto chiedo licenza di premettere che ora sono savio. Oh, per questo anche povero. Anche calvo". Oppure in La levata del sole: "Poteva anche parere uno spavaldo. Perchè, nel profondo silenzio della notte al Bombichi che passeggiava per quella stanza, inghiottito dall'ombra e subito ri vomitato alla luce da quel singulto del lumetto, giungeva pure, di tanto in tanto, dalle stanze inferiori della casa la voce rauca, raschiosa della moglie...". Si vede soprattutto dai dialoghi, abbondanti e vivaci, che l'autore ha la padronanza della scrittura teatrale. Lo si nota ancor di più dalle stesse delle novelle, di cui diverse diventarono soggetti di teatro. Notevole la varietà di situazioni, unificata dalla continuità di una stessa ricerca poetica ed umana. I protagonisti dei racconti nella gran parte acquistano consapevolezza della mancanza di senso del vivere dopo aver visto crollare i loro sogni illusori, come in Quand'ero matto, o il signor Aurelio de Il vecchio Dio o il buon Micuccío di Lumie Sicilia. Si avverte la simpatia dell'autore verso questi personaggi, del resto ben costruiti; in particolare emerge la sincerità della loro sofferenza. Altre volte con doloroso compiacimento l'ironia del narratore sferza l'ingannevole adesione alle convenzioni sociali fonte di sicurezza esistenziale, come in C'è qualcuno che ride. Ma la ricerca pirandelliana non ha sbocco. Meglio detto: vera ricerca non c'è. Il personaggio pirandelliano, sia Memmo Viola o Bruno Celesia, una volta scoperta l'illusione che gli tende la vita, si chiude nel suo disagio interiore; se ne fa un idolo, del quale nutrire il suo orgoglio perchè si sente superiore alla massa ingannata da un mondo di apparenze. Di fatto è un isolato volontario, che sorride, sia pur benevolmente, delle meschinità altrui. Un uomo così è veramente vecchio, come il protagonista di Una giornata: non vuole lottare più. È un limite serio questo che condiziona fortemente la capacità di Pirandello di scandagliare ed esprimere le profondità dello spirito umano. In pratica la sua cultura nichilsta diviene una lente deformante che gli impedisce di scoprire nell'uomo quell'inesauribile sete di amore che costituisce la sua segreta molla vitale e contemporaneamente il suo affascinante mistero. Ne soffre la compiutezza artistica di alcuni suoi personaggi, come i citati Viola, Celesia, o i protagonisti di Concorso per Referendario o di Quand'ero matto, che sembrano più frutto di una rappresentazione di un'idea che di una esplorazione dell'anima.
VALUTAZIONE DOTTRINALE
Pirandello narratore è senz'altro in unità con Pirandello drammaturgo. Quanto detto riguardo al teatro vale, in genere anche per le Novelle. Qui emerge forse più chiaramente la totalità del suo pessimismo; non solo il relativismo intellettuale, ma in generale il senso di inutilità della vita. La sofferenza deriva dalla frustrazione dei progetti di autorealizzazione: quei personaggi sentono di non valere più nulla per coloro ai quali sono interessati. Il bisogno di essere amato esprime l'indigenza radicale dell'uomo e la sua necessaria apertura agli altri per essere felice. Ma volere per sè l'amore degli altri significa porsi come fine ultimo della propria vita e come centro del proprio universo. Raggiungere questo scopo è terribilmente costoso: catturare la considerazione di chi ci interessa può comportare sacrifici di ogni genere e, nella maggior parte dei casi, cocenti delusioni. Senza contare che in questo modo tutta la nostra attenzione verso gli altri, siano famigliari, amici o colleghi, è volta a strumentalizzarli per la nostra affermazione personale, o quanto meno per la nostra comodità, per non avere fastidi. Sia la sofferenza propria, che la strumentalizzazione degli altri denunciano che si tratta di una dimensione inautentica della vita unama, dove la felicità non può realizzarsi. Come allora soddisfare l'insopprimibile aspirazione ad un rapporto d'amore totale ed incondizionato che dia senso all'esistenza e all'impegno della mia libertà finita? Intanto, rifiutando la menzogna, col riconoscere agli altri la mia stessa esigenza e pari dignità; e quindi smascherando l'inganno che mi tende continuamente il mio io malato. A questo punto siamo in grado di cogliere, come i più penetranti artisti di tutte le epoche, la dimensione di penombra nella quale è avvolta l'esistenza umana. Penombra, perchè se fosse buio totale non saremmo qui a porci nessun problema, come gli animali. Penombra perchè se ci fosse luce piena ogni domanda avrebbe una risposta esaustiva. Proprio la nostra radicale aspirazione alla felicità come rapporto personale d'amore è il tenue filo di luce che può portarci alla verità, perchè "nella penombra ha ragione chi dice che c'è la luce". Se gli altri non possono soddisfare questa esigenza che è prima di tutto metafisica e solo in conseguenza assume aspetti emotivi; allora la risposta non può venire che dal riconoscimento di quella Libertà infinita e creatrice che ha donato all'uomo l'essere e lo mantiene in esso, cioè che lo ha amato e che lo ama. L'uomo dunque non è mai areligioso, anche quando si dice ateo o vive come tale; perchè sempre vive l'assoluta necessità di legami d'amore che gli diano senso. La sua religiosità può esser corretta o distorta, o completamente rovesciata, mai assente. Il cammino verso la verità passa concretamente atraverso la scoperta della mia essistenza e della mia libertà come dono ricevuto e poi da trasmettere; e questo avviene riconoscendo sinceramente la mia indigenza e il mio bisogno di amore puro, e aprendomi alle concrete richieste di amore che mi provengono da chi mi sta intorno, dai miei legami oggettivi, anche se apparentemente sgradevoli. Così mi inserisco nel raggio di luce che fende le tenebre e comincio ad intuire che la luce consiste nella gratuità. Sono futto di un dono e la mia libertà consiste nel donarmi a Dio attraverso gli altri; cioè nello scoprirmi mediatore dell'Amore creatore, quello stesso da cui provengo. I personaggi prirandelliani intendo quelli più significativi del pensiero del loro autore, arrivano a percepire l'inganno di cercare la felicità nell'apprezzamento da parte degli altri; ma per concludere che la stessa felicità è un sogno impossibile, pura illusione: resta l'amara consolazione di non continuare ad ingannarsi e di sorridere della ingenuità altrui. Entrano in questa caratterizzazione i protagonisti di Quand'ero matto o di Una giornata, Memmo Viola e il signor Aurelio. Diversi di loro vivono al margine o proprio in rottura con la famiglia; quasi aggrappati all'ultima spiaggia dell'orgoglio, quella di sentirsi, nella disgrazia, superiori agli altri, perchè consapevoli delle illusioni. S'è spenta in loro se mai v'è stata, la ricerca, la lotta. Invece di utilizzarla come stimolo la sofferenza è divenuta il loro estremo idolo, segno della loro disperata superiorità. Gli altri restano al margine, osservati con distacco se non odiati. Prigionieri di quest'ultima menzogna dell'io sono incapaci di aprirsi alla verità; condannati ad essere vittime di sè stessi.
N.N. (1993)
Volver al Índice de las Recensiones del Opus Dei
Ver Índice de las notas bibliográficas del Opus Dei
Ir a Libros silenciados y Documentos
internos (del Opus Dei)