GONZÁLEZ FAUS, José Ignacio
Éste es el hombre. Estudios sobre identidad cristiana y realización humana
Editorial Cristiandad, Madrid 1987, 285 pp.
I. INTRODUZIONE
1. Il libro è una raccolta di dodici articoli già pubblicati separatamente, nei quali sono state introdotte soltanto alcune poche aggiunte. Gli argomenti trattati dall'autore sono molti. Tuttavia, l'insieme ha una chiara unità attorno al tema generale del rapporto tra la fede cristiana e la promozione umana (esigenze sociali e politiche del cristianesimo, opzione per i poveri, ecc.)
2. La maggior parte del volume rappresenta una denunzia di quello che l'autore considera come un atteggiamento non evangelico della maggioranza dei cristiani —specialmente della Gerarchia della Chiesa— davanti all'ingiustizia istituzionalizzata (soprattutto nelle società capitalistiche). Di fronte a ciò, González Faus difende una radicale opzione per i poveri, anche se evitando un utopismo intra-storico che non sarebbe cristiano. In questo contesto, egli difende decisamente gli autori della Teologia della Liberazione e critica duramente i loro avversari, ma cerca anche di segnalare alcuni pericoli che i teologi della liberazione dovrebbero arginare.
3. Nel presentare le sue riflessioni, denunzie, raccomandazioni, ecc., González Faus adopera con frequenza termini d'ispirazione marxista e, più in generale, dialettica. Anche se le citazioni di Marx sono relativamente frequenti, e di solito in senso favorevole, l'autore non intende assumere, né di fatto assume, il marxismo come sistema e neanche il metodo marxista in tutti i suoi aspetti.
4. Lo stile letterario è frequentemente dialettico: le argomentazioni si avvalgono sovente di contrapposizioni, di solito efficaci per trasmettere una determinada idea che, però, non sempre viene poi sviluppata in forma del tutto esplicita. Il linguaggio è diretto e molto chiaro quando si riferisce a questioni pratiche ed a fatti storici; mentre non è sempre ugualmente chiaro sulle questioni teologiche di fondo.
5. Tenuto conto di queste caratteristiche del volume, non sembra possibile dedurre da esso una visione teologica globale che abbracci coerentemente le molte affermazioni dell'autore su temi assai diversi. Tuttavia, questo non impedisce di poter individuare, oltre a posizioni dottrinali particolari, alcune ispirazioni di fondo del pensiero dell'autore.
6. Vi è nel volume un'ispirazione di fondo certamente positiva: quella di prendere molto sul serio la grande importanza dei problemi teorici e, soprattutto, pratici implicati nel rapporto tra evangelizzazione e promozione umana. Ma purtroppo vi sono altre ispirazioni di fondo e parecchie tesi particolari contrarie alla dottrina cattolica.
II. RAPPORTI TRA FEDE E STORIA
1. Anche se l'autore non tratta direttamente questo punto in se stesso, tutto il volume è permeato da una concezione sulla storicità della fede, che tende a svuotare di ogni valore permanente il contenuto noetico della fede stessa.
2. Infatti, secondo González Faus "el cristianismo casi no tiene más dogmática, ni más sistemática, ni más teología que el predicar la acogida de Dios a los hombres" (p. 257); anche se questa frase è alquanto ambigua, di fatto manifesta bene un'idea diffusa in tutto il volume: le verità formulabili in enunciati definitivi sarebbero pochissime: "quasi" soltanto l'accoglienza degli uomini da parte di Dio.
3. Perciò, non risulta strano leggere che Cristo, in quanto Rivelatore, venga descritto così: "el revelador que no vino `como maestro', habló como maestro y se fue como maestro, sino que vino como `uno más', como pobre; no habló, sino que fue reducido al silencio, y se fue como el último... Pero en eso estuvo su revelación" (p. 181). Il fatto che questa affermazione sia fatta in riferimento a Cristo crocifisso, fa si che possa essere più facilmente accettata dal lettore, ma non elimina la sua falsità: oltre la rivelazione fatta da Gesù nella sua povertà, nel suo silenzio e nella sua morte, Cristo parlò e visse come vero Maestro ed insegnò agli uomini un messaggio con un contenuto dottrinale di validità permanente.
4. Di conseguenza, il contenuto noetico della fede viene relativizzato; così, ad esempio, quando González Faus dice di proporre una "profesión de fe", aggiunge subito che tale professione di fede sarà necessariamente "limitada porque es la mía personal" (p. 77).
5. E' chiaro che i testi citati nei paragrafi precedenti, in se stessi, potrebbero essere interpretati in un altro modo, ma nel contesto dialettico in cui si muove l'autore —anzi, con la sua esplicita affermazione della dialettica storica, sulla quale mi soffermerò più avanti— sembra più coerente intenderli come espressioni della tesi dialettica (sia hegeliana che, in un altro senso, marxista) secondo cui la verità c'è soltanto alla fine della storia; tesi che ovviamente modifica sostanzialmente la nozione stessa di verità e, per tanto, svuota il valore noetico della fede.
6. Vi sono anche altre affermazioni, che in se stesse potrebbero intendersi in modo conforme alla dottrina cattolica, che però nel contesto dialettico del volume acquistano un significato riduttore del contenuto della fede all'affermazione del senso della storia verso una fine in Cristo: "Mi fe en Jesucristo consiste en creer que el marco último en que tiene lugar la liberación no es un marco trágico, aunque lo sean muchas veces los marcos intermedios" (p. 94), "la fe consiste en creer que la revolución no se acaba en este mundo" (p. 97).
7. Un ulteriore conferma di questa interpretazione del pensiero dell'autore viene dalle sue affermazioni relative al pluralismo politico dei cristiani: "El tema del pluralismo arranca directamente de la problemática de las mediaciones de la fe. Se le podría reducir a esta formulación: la fe necesita mediaciones hasta el punto de que no es nada sin ellas, pero no se reduce ni se agota en ninguna de ellas; y cuando esto ocurre, la mediación, por necesaria y válida que fuera, se convierte en ídolo y en `imagen falsa' de Dios (cfr. Dt 5,8)" (p. 229). Come si vede, l'affermazione è generale: relativa a qualsiasi aspetto del pluralismo, non soltanto a quello delle opzioni politiche. E' vero che la fede, per esprimersi, abbisogna di mediazioni: innanzitutto della mediazione della conoscenza umana naturale e dell'umano linguaggio, ed è anche vero che la fede "no se reduce ni se agota" en nessuna delle sue mediazioni umane. Tuttavia, il problema è che non qualsiasi mediazione è valida e che vi è un nucleo di mediazione sempre valido (la verità naturale conosciuta dall'uomo e la sua corrispondente espressione nel linguaggio umano: questo sarà sempre perfettibile, e perciò è perfettibile sempre l'espressione della fede, ma questo non significa che non continui ad essere sempre valida). Invece, l'autore sembra negare questo —coerentemente con quanto detto nei paragrafi precedenti—, quando afferma che "los límites del pluralismo vendrán dados más por —y para— cada situación concreta que no de una vez para siempre por alguna receta universal" (p. 237). In questo stesso contesto si capisce allora che González Faus neghi —contro la dottrina cattolica— che possa esistere una filosofia sempre valida (una "philosophia perennis": cfr. p. 156). Si capisce anche così che, già all'inizio del volume, l'autore dica che "todo lenguaje teológico es muy imperfecto, metafórico y aproximado" (p. 17), il che è semplicemente falso, perché l'analogia non è soltanto metaforica.
8. In questo contesto, molte affermazioni di González Faus su Dio (sulla Trinità, sulla divinità di Cristo e sullo Spirito Santo) —che, in se stesse, potrebbero intendersi bene— sono assai confuse. Ad esempio, dire che "El Espíritu Santo es, por definición, lo inobjetivable" (p. 163), e che perciò si può parlare di Lui ma "no para transmitir contenidos, sino para despertar sensaciones" (ibid; cfr. anche p. 164), è completamente contrario alla fede cattolica se inteso, come sembra intenderlo l'autore, nel senso che sullo Spirito Santo non sono possibili affermazioni dottrinali vere e definitive. E' anche da rilevare che González Faus considera ormai superata la formula cristologica di Calcedonia, perché sarebbe valida solo adoperando la nozione di persona propia della cultura greca, mentre oggi, con la nuova nozione di persona, si potrebbe e si dovrebbe parlare di una vera e propria "persona umana" in Cristo (cfr. pp. 24-27). Questa concezione —del resto non originale di González Faus— non è direttamente contraria al dogma cristologico, ma non riesce ad evitare affermare in Cristo un soggetto umano ontologicamente indipendente dalla Persona divina (nella misura in cui gli uomini comuni sono ontologicamente indipendenti da Dio). Tuttavia, lo stesso autore aveva premesso che l'uomo Gesù è "alguien que pertenece intrínsecamente al ser de Dios" (p. 23; cfr. p. 22), il che è assai ambiguo (può significare infatti l'unità di essere in Cristo, secondo la tesi tomistica, ma può anche significare un certo tipo di monofisismo). Nel contesto generale del volume (cfr. paragrafi precedenti), il lettore facilmente dedurrà l'idea secondo cui di Dio e di Cristo si può parlare in molti modi, anche contrapposti, proprio perché il linguaggio teologico è sempre "muy imperfecto, metafórico y aproximado" (p. 17).
9. Va pure notato che, coerentemente con quello che sembra essere il pensiero di fondo dell'autore, la stessa Sacra Scrittura sarebbe soltanto un'espressione primitiva e superabile dell'esperienza cristiana (anche se González Faus non lo dice): soltanto con questo presupposto può capirsi che l'autore metta in dubbio —come cosa senza alcuna importanza— il carattere storico di importanti passi biblici: il sacrificio di Abramo (cfr. p. 32), i racconti post-pasquali dei Vangeli ("leyendas pospascuales": p. 195), oppure molte "anécdotas concretas" (p. 165) della vita di Gesù.
III. SUL MAGISTERO DELLA CHIESA
1. Dal modo in cui l'Autore si riferisce molte volte al Magistero della Chiesa e, piÙ in generale, alla Gerarchia ecclesiastica, si deduce inequivocabilmente una sua concezione sulla natura del Magistero stesso, che è contraria alla fede cattolica.
2. Vediamo alcune sue affermazioni particolari:
—p. 42: "en algunos documentos del Vaticano II (si manifesta) un compromiso —claramente inmaduro— entre diversas tendencias";
—p. 56: cfr. riferimento critico a Gregorio XVI;
—p. 79: l'autore preferisce la formulazione fatta da Giulio Girardi "ante el marxismo a la formulación vaticana, que cree poderse limitar a dar un `no' alegando el carácter ateo (supuesto o no, intrínseco o no) del marxismo. Es muy de temer que este recurso al carácter ateo, sea un simple recurso ideológico para dispensarse de atender a la tremenda interpelación que hace el marxismo a la Iglesia, y que es la interpelación de la justicia posible";
—p. 92: sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, González Faus afferma: "En este punto considero superada la doctrina de la Iglesia y no comprendo que hoy se pueda ser cristiano sin pensar así (aunque respeto al que no lo piensa)";
—p. 97: "La Iglesia católica en sus últimos siglos hasta el Vaticano II, (è) un ejemplo triste de ello" (di "autoritarismo contrario a la libertad o de doctrinarismo contrario a la dignidad humana");
—p. 104: cfr. il paragone fatto dall'autore tra l'atteggiamento di Cristo davanti ai farisei e al Sommo Sacerdote, e l'atteggiamento di chi oggi si rivela contro il Papa e l'autorità nella Chiesa;
—p. 143: cfr. l'accusa diretta contro la Gerarchia per la sua "complicidad con un mundo injusto"; in questo senso, sorprende il ripetuto attacco di González Faus contro il Cardinale López Trujillo (cfr. pp. 143, 157, 203);
—p. 158: cfr. la critica dell'autore alla Santa Sede a motivo del caso Schillebeeckx;
—p. 165, nota 9: l'autore dice che egli —sacerdote— è membro della Gerarchia "porque allí me metió el Concilio de Trento con su distinción esencial entre clérigos y laicos" (come se la distinzione tra sacerdoti e laici fosse stata soltanto opera di Trento);
—p. 168: nella questione del "Filioque", secondo González Faus, i "católicos-romanos" avrebbero tentato di imporre la loro opinione "con la autoridad de la fuerza más que con la autoridad de la verdad";
—p. 202: l'autore critica Giovanni Paolo II per quello che egli ritiene essere un'involuzione o restaurazione nell'attuale pontificato: "a nivel eclesial se anuncia un restauracionismo tranquilo e imparable, que asoma echando raíces a la sombra de la ambigua popularidad de Juan Pablo II"; più avanti, González Faus segnala alcuni sintomi negativi (d'involuzione) nella situazione presente: "la América de Reagan, la Iglesia de Wojtyla, el resurgir de AP (partito di destra o centro-destra in Spagna) y la crisis del PC (Partito Comunista)" (p. 213);
—p. 207: viene affermato che la Chiesa del XIX secolo, "lejos de desmitizar la Ilustración, la combatió en nombre de otro mito"; quest'altro mito sarebbe stato "su propio poder y su posición de privilegio (della Chiesa)";
—p. 245, nota 15: "algunos documentos romanos"... "han nacido ya muertos";
—p. 273: cfr. la critica a quello che l'autore chiama "la moral sexual eclesiástica" (anche se non è chiaro se la critica è qui diretta contro l'insegnamento morale della Chiesa in se stesso o soltanto contro il modo di essere proposto agli uomini);
—p. 277: "en este tema (l'aborto), los varones no podemos tener una palabra moral autorizada. Ni aunque fuera el Papa: nosotros sólo podemos tener una opinión personal y una palabra amistosa" (dunque il Magistero non sarebbe competente —non sarebbe autorevole— in materia di aborto).
3. L'autore riconosce l'esistenza nella Chiesa di una funzione di Magistero che appartiene alla Gerarchia. Tuttavia, dall'insieme dei testi citati sopra —oltre le posizioni erronee su punti particolari che tali testi possano esprimere— emerge con chiarezza quella concezione erronea sulla natura stessa del Magistero alla quale mi riferivo sopra (n. III, 1). In effetti, il Magistero è sempre considerato (e criticato) da González Faus come se la sua autorità fosse esclusivamente umana, di conseguenza, gli interventi magisteriali avrebbero valore nella misura in cui fossero motivati da ragionamenti convincenti. In altre parole, il modo in cui l'autore tratta (e giudica) il Magistero soltanto può essere fondato su di una negazione completa della natura onto-sacramentale (e, perciò, soprannaturale) del "carisma veritatis certum" del Magistero. In questo contesto —del resto coerente con quanto ho rilevato prima sullo svuotamento del contenuto noetico della fede—, è logico che González Faus dica anche questo: "El magisterio de la Iglesia tiene el derecho de interrogar a los teólogos, y eso es un procedimiento infinitamente más humano y cristiano que la condena pura y simple. Pero junto a ese derecho, el magisterio tiene la obligación seria de no administrarse por personas de cultura escasa o que no conocen más que un único idioma mental" (p. 158).
IV. SUI SACRAMENTI
1. L'Autore contraddice la dottrina di fede sulla causalità soprannaturale dei sacramenti: "Si hoy asistimos a una enorme crisis de lo sacramental como campo específico de la Iglesia, es precisamente porque todo ese campo `no funciona' simbólicamente" (in nota aggiunge: "y no funciona simbólicamente porque la capacidad simbólica de la mentalidad moderna ya no está ligada al mundo de la naturaleza: v. gr., el hecho de que el agua limpia o el pan alimenta, sino al de la historia y la comunicación humana"). "Y como la eficacia de lo sacramental va unida a su significación (sacramenta significando causant!), no habrá eficacia al no haber significación, y significación no la hay por el hecho de poner un símbolo, sino por el hecho de que ese signo haya sido captado como tal. Y al no haber eficacia `significando', se terminó por atribuir al sacramento un tipo de eficacia que sólo podría venirle de una concepción mágica o ritualista (ninguna de las dos demasiado cristianas, dicho sea entre paréntesis). De ahí su lógica crisis actual" (p. 234). Di conseguenza, González Faus propone cambiamenti o aggiunte ai segni sacramentali affinché siano efficaci per l'uomo d'oggi (riferimenti allo spirito di profitto, alla società senza classi, ecc.: cfr. pp. 234-235).
2. Da questa impostazione della sacramentalità, non stupisce che l'autore affermi, ad esempio, che oggi la maggior parte dei matrimoni tra cristiani sono da ritenersi invalidi (cfr. p. 268), oppure che egli ritenga che "la antigua tesis de que entre bautizados no puede haber contrato que no sea sacramento pasa con ello (con la sua concezione) a mejor vida" (p. 269).
3. In fondo, c'e da domandarsi se nel pensiero di González Faus vi è ancora posto per la grazia soprannaturale e per una concezione cattolica sulla giustificazione. Non è mai chiara nel volume la distinzione tra naturale e soprannaturale, anzi viene a volte compromessa: "Dios no quiere otra cosa que la realización auténtica de lo humano" (p. 172). Da rilevare, inoltre, in questo contesto, il fatto che, secondo l'autore, "la seguridad de la aceptación de nuestra miseria (que antes se llamaba teológicamente `justificación del impío') facilita la salida de ella, porque esa salida ya no nos la exige la demanda categórica de algún moralismo o la necesidad angustiosa de evitar como sea una condena, sino que nos la pide la experiencia de estar a salvo: `Nadie te ha condenado' porque `yo tampoco te condeno'; por eso `no quieras pecar más' (p. 209: com'è ovvio, si riferisce alla donna adultera perdonata da Gesù).
V. SULL'OPZIONE PER I POVERI
1. Su questo punto González Faus è particolarmente chiaro: per lui, l'opzione cristiana per i poveri deve essere una opzione di classe (e perciò esclusiva ed escludente degli altri), non perché questo sia un'esigenza della fede, ma perché questa è la dialettica storica: così, "se excluye que la opción por los pobres esté rectamente basada por motivaciones éticas" (p. 151; cfr. p. 152).
2. L'autore presenta l'alternativa tra la lotta di classe in senso marxista ed il riformismo, e dice che "a ese dilema no le da respuesta la fe" (p. 110), dunque la lotta di classe in senso marxista non sarebbe esclusa dalla fede cristiana.
3. "La conversión del pobre en empobrecido o en oprimido (y, por tanto, el decantamiento de la opción por el pobre hacia una opción de clase) es fruto de acciones y mecanismos históricos. En este sentido, su formulación no pertenece al evangelio de Jesús, sino al análisis de la historia (al cual, por otro lado, nos obligan tanto el evangelio como el imperativo de eficacia del amor). Hay que saber, por tanto, respetar su autonomía" (p. 154). Anche se non viene direttamente richiesta dal Vangelo, l'opzione di classe s'impone, dunque, dall'analisi della storia e dalla carità, alle quali sì ci spinge il Vangelo. Il carattere di classe o di parte dell'opzione per i poveri, può essere considerato specificamente cristiano soltanto perché è "esperienza di Dio": "lo específicamente cristiano es la opción por los pobres como experiencia de Dios, como ámbito y criterio de encuentro con el Dios verdadero y, por tanto, como puesta en acto de que el Dios cristiano es un Dios parcial, es el Dios de los pobres y no de otros (o de los otros sólo en cuanto le acepten y le reconozcan así). Y por ser experiencia de Dios, es, sobre todo, motivo de alegría más que imperativo difícil o razón para el rostro ceñudo de los puritanos" (p. 151); perciò, "el evangelio es para todos, pero desde los pobres y por los pobres" (p. 261). Sul "Dios parcial", cfr. anche p. 157.
4. Per tutto questo, la Chiesa deve fare una "opción de clase (incluso conflictiva)" (pp. 116-117, cfr. p. 131), come ha fatto, secondo González Faus, nel Nicaragua: "ahí está la misa nicaragüense pidiendo a Cristo: `solidarízate no con la clase opresora que oprime y devora a la comunidad, sino con el oprimido, con el pueblo mío', etc. Puede que esto sea lo más radical que se ha cantado en una iglesia. Ahí está la lucha de clases en la liturgia misma de la Iglesia, y además de manera inatacablemente cristiana, porque brota como oración ante un hecho y no como patente de corso para tener razón. Igualmente, la santidad de Dios se formula desde su parcialidad hacia el oprimido" (p. 153). L'opzione di classe, proprio perché appartiene alla dialettica storica, include logicamente la "lotta di classe": cfr. anche p. 73.
VI. SUL SOCIALISMO E LA PROPRIETÀ PRIVATA
1. L'Autore —come ho già segnalato— adopera frequentemente categorie d'origine marxista, anche se non accetta il marxismo come sistema né il suo metodo d'analisi storica in tutti i suoi aspetti. Tuttavia egli ritiene che è sbagliato attribuire un carattere globale erroneo all'analisi marxista (cfr. p. 53); e anche sostiene che "negar la legitimidad de la opción marxista equivale prácticamente a negar toda posibilidad política al mundo de los pobres y a quien quiere servirle" (p. 243). Comunque, González Faus considera anche che "hablar de marxismo equivale hoy a no decir nada. La palabra cubre una gama enorme de significados" (p. 243), il che è senz'altro vero, ma soltanto parzialmente: è vero infatti che vi sono molti "marxismi", ma non è vero che dire semplicemente "marxismo" non significhi oggi niente: significa infatti l'assunzione di, almeno, questi elementi: dialettica, materialismo, socialismo, la diversità tra i molti marxismi è radicata nelle diverse concezioni su questi elementi e, soprattutto, nelle diverse concezioni sui loro rapporti. Che ci siano poi alcuni che, chiamandosi marxisti, non assumano alcuno di questi elementi è un'altra questione.
2. González Faus accetta una visione dialettica de la realtà: "la visión dialéctica de la realidad (y prescindiendo ahora de la cuestión de si un materialismo histórico ha de presuponer un materialismo dialéctico) me parece uno de los grandes logros de la historia y de la conciencia de la humanidad" (p. 87). Tuttavia, "la dialéctica es válida y verdadera, pero ella no fundamenta ni garantiza la plena liberación del hombre" (p. 88). Perciò egli critica il marxismo come insufficiente, soltanto la fede in Cristo può dare la certezza del pieno e definitivo superamento delle contraddizioni: "la fe en Jesucristo y el anuncio de su resurrección, en esta historia en que las contradicciones nunca se eliminan sin generar otras nuevas, significa el anuncio de la superación definitiva y plena de toda contradicción (superación ya eficazmente en obra) y particularmente de las dos contradicciones-raíz: la del ser con la contingencia (o entre vida y muerte) y la del bien con el mal" (p. 100).
3. Oltre le conseguenze già segnalate di questa concezione dialettica (relative soprattutto alla storicità della fede, e all'opzione di classe), è da rilevare che González Faus si dichiara socialista se, con questo termine, viene significata un'opzione politica che neghi il diritto alla proprietà privata dei beni di produzione: "Yo me considero socialista si se entiende por ello la convicción de que la propiedad privada de los bienes de producción es una de las primeras calamidades que la humanidad debe abolir si quiere conquistar algo de libertad. En este punto considero superada la doctrina de la Iglesia y no comprendo que hoy se pueda ser cristiano sin pensar así (aunque respeto al que no lo piense)" (p. 92). Poi, l'autore afferma di aver votato, nelle elezioni politiche, uno dei "partidos de izquierda" (p. 284).
VII. SULL'ABORTO E LA CONTRACCEZIONE
1. Come è stato già rilevato in riferimento all'atteggiamento dell'autore davanti al Magistero della Chiesa, egli ritiene che la questione dell'aborto non è oggetto possibile di Magistero autorevole (cfr. p. 277); e ne mostra il perché mediante quest'affermazione: "Que un varón pretenda pronunciarse autorizadamente sobre el aborto sería entonces como si un ateo quisiera darnos un juicio autorizado sobre cuestiones de ortodoxia creyente" (p. 277). Si vede qui in modo particolarmente chiaro la tendenza a negare la possibilità di raggiungere la verità se non per via di esperienza soggettiva, e a negare la possibilità di formulare giudizi (teorici o pratici) di validità permanente.
2. Comunque, González Faus si manifesta contrario all'aborto, ma soltanto come sua opinione personale non autorevole (perché egli non è donna), ma afferma che la legge civile potrebbe depenalizzare l'aborto in alcuni casi, come male minore: "es posible que, en circunstancias como las actuales de nuestra sociedad, la despenalización del aborto sea un mal menor, mientras no trabajemos todos por una sociedad en la que el aborto ya no parezca necesario" (p. 283).
3. Infine, sulla contraccezione l'autore afferma che la separazione degli atti sessuali concreti dalla sua capacita di riproduzione "a mí me parece lógica mientras la sexualidad como tal mantenga una referencia a la fecundidad" (p. 268). González Faus afferma dunque la liceità della contraccezione se l'insieme della vita coniugale è aperta alla fecondità (tesi esplicitamente contraria alla dottrina cattolica).
VIII. CONCLUSIONI
1. L'Autore afferma in modo esplicito le seguenti tesi erronee, contrarie in gradi alla verità cattolica:
a) negazione della possibilità di una "philosophia perennis", nel senso che non è possibile una conoscenza filosofica permanentemente valida (n. II, 6). Cfr. Conc. Vaticano II, Decr. Optatam totius n. 15; Giovanni Paolo II Discorso, 18-XI-1979, n. 7; Pio XII, Enc. Humani generis, Dz-Sch 3892-3894;
b) limitazione dell'analogia all'analogia metaforica, nel senso che ogni linguaggio teologico è soltanto metaforico e ap— prossimativo (n. II, 6). Cfr. Pio XII, Enc. Humani generis Dz-Sch 3882; S.C.D.F., Dich. Mysterium Ecclessiae, n. 5 parágrafo 4;
c) negazione (o messa in dubbio) del carattere storico dei racconti post-pasquali dei Vangeli (n. II, 8). Cfr. Conc. Vaticano II, Cost. Dei Verbum n. 19;
d) negazione della causalità ex opere operato dei sacramenti (n. IV, 1). Cfr. Conc. di Trento, Decr. de sacramentis can. 7 e 8, Dz-Sch 1607-1608;
e) negazione della competenza del Magistero in materia di aborto (nn. III, 2 e VII, 1). Cfr. Conc. Vaticano II, Cost. lumen qentium, n. 25; S.C.D.F., Dich. de abortu procurato, n. 4;
f) liceità della contraccezione se l'insieme della vita coniugale è aperta alla fecondità (n. VII, 3). Cfr. Paolo VI, Enc. Humanae vitae n. 14; Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 32;
g) possibilità di separazione tra contratto e sacramento nel matrimonio tra battezzati (n. IV, 2). Cfr. Pio IX, Syllabus n. 66, Dz-Sch 2966; Leone XIII, Enc. Arcanum Dz-Sch 3145; C.I.C., c. 1055 parágrafo 2;
h) negazione del diritto naturale alla proprietà privata dei mezzi di produzione (nn. III, 2 e VI, 3). Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Laborem exercens, n.14:
i) affermazione dell'opzione per i poveri come opzione di classe (nn. V, l; V, 3 e V, 4). Cfr. C.D,F., Istr. Libertatis conscientia, n. 68;
j) negazione dell'incompatibilità tra la fede cristiana e la lotta di classe in senso marxista (nn. V, 2 e V, 4). Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. laborem exercens nn, 12-13.
2. Tuttavia, più ancora che dai sopraccitati errori concreti, l'incompatibilità del volume con la fede cattolica deriva dalla ispirazione dialettica di fondo che svuota, o almeno relativizza sostanzialmente, il contenuto dottrinale della fede (n. I), e dall'atteggiamento dell'autore davanti alla Gerarchia della Chiesa, in particolare davanti al Magistero (n. II).
3. Per tutto questo, il volume non contiene errori concreti all'interno di un contesto generale di teologia cattolica, ma contiene una teologia che non è cattolica fin dai suoi punti di partenza tematici e metodologici.
4. Infine, è da rilevare che nella sua precedente e più importante opera (La humanidad nueva. Ensayo de cristología, Madrid, 1975, 682 pp.), González Faus aveva già espresso, in modo più completo e sistematico, la sua erronea ispirazione teologica di fondo: cfr. J.L. Illanes La nueva humanidad. Análisis de un ensayo cristológico in "Burgense" 22 (1981) pp. 265-304.
N.N. (1995)
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