DUPUIS, Jacques
Queriniana, Brescia 1997, 658 pp.
1. Si tratta di un libro che affronta decisamente una questione di grande importanza e di notevole difficoltà: la pluralità di religioni nel mondo alla luce della volontà salvifica universale di Dio e dell'unicità e universalità di Cristo. L'Autore tratta molti aspetti connessi con la questione centrale ed adopera una bibliografia molto ampia.
2. Purtroppo, il tentativo di P. Dupuis non è riuscito: il volume nel suo insieme (cioè nella sua tesi centrale e nelle sue principali conseguenze) è contrario alla fede cattolica.
Concretamente, sono contrarie alla fede cattolica:
a) innanzitutto la tesi centrale del libro, vale a dire, la cosiddetta pluralità de iure delle religioni, così com'è intesa nel libro; cioè nel senso che le religioni non cristiane sono positivamente volute da Dio come vie e mezzi per la salvezza oggettivamente indipendenti da Cristo (cfr. passim, specialmente pp. 282, 318 ss., 521);
b) la distinzione, dopo l'Incarnazione, tra Cristo e il Logos (cfr. pp. 403-404, 442-443). Certamente il Logos (che è la stessa Persona di Cristo=Logos incarnato) può agire attraverso la sola sua natura divina, vale a dire, senza operare attraverso la sua natura umana; ma se la tesi suddetta vuole dire —come sembra voler dire nel volume in esame— che tale operazione non è di Cristo, allora è contraria alla fede nell'Incarnazione;
c) dopo Cristo, ci sono state altre pubbliche rivelazioni divine per mezzo dei sapienti e profeti di religioni non cristiane, ad esempio Maometto (cfr. p. 338);
d) tra la rivelazione giudeo-cristiana e quella avvenuta in altre religioni c'è complementarietà reciproca, in quanto anche la rivelazione cristiana è incompleta ed imperfetta (cfr. p. 340-341, 367, 439);
e) oltre i testi biblici, esistono libri ispirati da Dio nelle religioni non cristiane, ad esempio, il Corano (cfr. pp. 331-333).
Ci sono inoltre nel volume, altre tesi contrarie a verità appartenenti certamente alla dottrina cattolica; ad esempio:
a) la distinzione tra Regno di Dio e Regno di Cristo, specialmente nella consumazione escatologica, così com'è intesa nel libro (cfr. pp. 465, 479, 523);
b) una più profonda conversione di ciascuno (nel dialogo interreligioso) alla propria religione è una più profonda conversione di ciascuno a Dio (cfr. pp. 513-514). Sebbene c'è una certa ambiguità nella tesi in sé stessa, nel contesto generale del libro diventa un'affermazione di indifferentismo religioso.
Altre tesi dovrebbero essere considerate almeno pericolose, in quanto gravemente ambigue:
a) ci sono riti nelle religioni non cristiane ai quali dobbiamo attribuire una certa mediazione della grazia (cfr. pp. 428-430). Tuttavia, se questa "mediazione della grazia" viene intesa in senso propriamente sacramentale, allora la tesi diventerebbe non solo pericolosa ma contraria alla fede;
b) il buddismo e l'induismo hanno elementi di dottrina simili ad alcuni misteri cristiani (cfr. pp. 394, 406). Certamente, possono trovarsi alcune somiglianze (piuttosto leggere e superficiali); ma se con la suddetta tesi si vuole dire che al di fuori della Rivelazione cristiana si è verificata una vera e propria conoscenza di misteri soprannaturali conoscibili soltanto dalla divina Rivelazione, allora la tesi sarebbe contraria alla fede.
3. Va infine segnalato che P. Dupuis —contro la sua affermazione di principio (cfr., ad esempio, p. 25)— non interpreta la realtà sperimentata (la pluralità delle religioni) alla luce del messaggio rivelato, bensì al contrario reinterpreta la dottrina di fede alla luce della realtà sperimentata. Questo non è soltanto sbagliato dal punto di vista metodologico, ma anche dottrinalmente inaccettabile.
In realtà, il problema metodologico è ancora più di fondo: si tratta dell'assunzione del metodo ermeneutico, che impedisce l'accettazione di verità oggettive indipendenti dal soggetto.
F.O. (1998)
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