La bustina di Minerva di Umberto Eco
Fate nascere un
ordine monastico-cavalleresco, fatelo diventare straordinariamente potente sia
militarmente che economicamente. Trovate un re che voglia sbarazzarsi di quello
che è ormai diventato uno Stato nello Stato. Individuate gli inquisitori
adatti, che sappiano raccogliere voci sparse e comporle in un mosaico
terribile: un complotto, crimini immondi, innominabili eresie, corruzione e una
buona dose di omosessualità. Arrestate e torturate i sospetti. Chi ammette e si
pente avrà salva la vita, chi si dichiara innocente finirà sul patibolo. I
primi a legittimare la costruzione inquisitoriale saranno le vittime, specie se
innocenti. Infine, incamerate gli immensi beni dell'Ordine. Questo
fondamentalmente ci insegna il processo intentato ai cavalieri Templari da
Filippo il Bello.
Segue la storia del mito templare. Immaginate che molti siano rimasti scossi da
questo processo e, oltre ad avvertirne l'ingiustizia, come accadde persino a
Dante, siano rimasti affascinati dalle dottrine segrete attribuite ai Templari
e colpiti dal fatto che la maggior parte dei cavalieri non fosse perita sul
rogo e allo scioglimento dell'ordine si fosse come dissolta.
All'interpretazione scettica (con la paura che si erano presa, hanno cercato di
rifarsi una vita altrove, in silenzio) si può opporre l'interpretazione
occultistica e romanzesca: sono entrati in clandestinità, ci sono attivamente
restati per sette secoli, Essi sono ancora tra noi.
Niente è più facile che trovare un libro sui Templari. L'unico inconveniente è
che nel 90 per cento dei casi (mi correggo, 99) si tratta di bufale, perché
nessun argomento ha mai maggiormente ispirato le mezze calzette di tutti i
tempi e di tutti i paesi quanto la vicenda templare. E via con la continua
rinascita dei Templari, con la loro costante presenza dietro le quinte della
Storia, tra sette gnostiche, confraternite sataniche, spiritisti, ordini
pitagorici, rosacrociani, illuminati massoni e Priorato di Sion. Talora la
bufala è così smaccata, come nel caso de 'Il santo Graal' di Baigent, Leigh e
Lincoln (Mondadori, 1982), che l'evidente e spregiudicata malafede degli autori
consente almeno al lettore dotato di buon senso di leggere l'opera come
divertente esempio di fantastoria. Come sta avvenendo ora con il 'Codice Da
Vinci', che scopiazza e rielabora tutta la letteratura precedente. Ma stiamo
attenti, perché migliaia di lettori creduli vanno poi a visitare il teatro di
un'altra bufala storica, il paesino di Rennes-le-Château.
L'unico modo per riconoscere se un libro sui Templari è serio è controllare se
finisce col 1314, data in cui il loro Gran Maestro viene bruciato sul rogo. Tra
i libri che si arrestano a quella data era uscito da Einaudi nel 1991 'I
Templari' di Peter Partner.
Ora il Mulino pubblica 'I templari' di Barbara Frale, una studiosa che ha
dedicato anni di lavoro e altre opere a questo argomento. Sono meno di 200
pagine, e si leggono con gusto. Ricchissima la bibliografia (seria). Barbara
Frale non si scandalizza troppo per certi aspetti successivi del mito templare,
anzi ne vede con qualche simpatia certi svolgimenti romanzeschi (ai quali
dedica però solo due paginette conclusive), ma solo perché possono suscitare
nuove serie ricerche su tanti aspetti ancora oscuri della 'vera' storia dei
templari. Per esempio c'era davvero un rapporto tra i Templari e il culto del
Graal? Non si può escludere, visto che persino un loro contemporaneo, Wolfram
von Eschenbach, ne favoleggiava. Ma osserverei che i poeti, teste Orazio, sono
autorizzati a fantasticare, e uno studioso del prossimo millennio che trovasse
un film d'oggi che attribuisce a tale Indiana Jones la scoperta dell'Arca
dell'Alleanza non avrebbe ragioni per trarre da questa divertente invenzione
alcuna conclusione storiograficamente corretta.
Quanto al fatto che però l'antica vicenda non sia ancora del tutto chiara,
Barbara Frale accenna ad alcune sue recenti scoperte in archivi vaticani che
indurrebbero a vedere in modo nuovo il ruolo della chiesa nel processo. Ma, per
lo sconforto di chi ancora oggi esibisce talora un biglietto da visita che lo
qualifica come Templare, ricorda che Clemente V, al momento della sospensione
dell'ordine, aveva messo fuorilegge qualsiasi tentativo di ripristinarlo senza
il consenso pontificio, lanciando addirittura la scomunica contro chiunque
utilizzasse il nome e i segni distintivi del Tempio. D'altra parte, nel 1780,
argomenti del genere usava Joseph de Maistre per liquidare i neotemplaristi dei
tempi suoi. L'ordine templare esisteva in quanto riconosciuto dalla Chiesa e
dai vari Stati europei, e come tale è stato formalmente disciolto all'inizio
del XIV secolo. Punto. Da quel momento, visto che nessuno ne possiede più il
copyright, ciascuno ha il diritto di rifondarlo, nello stesso senso in cui
chiunque può dichiararsi sommo sacerdote di Iside e Osiride, e al governo egiziano
la cosa non fa né caldo né freddo.
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